Antonello Taurino in "(s)Permaloso"
Diciamolo subito: di questo argomento non ne parla proprio nessuno, mai. Non solo a teatro, no, proprio da nessuna
parte. Zero, Tabù. E forse se ne dovrebbe parlare. Magari con ironia…
Immaginate come può sentirsi un uomo che, nella stessa mattinata, in poche ore, riceve due notizie: la prima riguarda
delle analisi che ha fatto sulla sua fertilità, cioè la possibilità di avere dei figli; la seconda, invece, lo stato di salute di suo
padre. In pochi minuti, le certezze relative all’esser padre e all’essere figlio vacillano, improvvisamente. Come fosse
tutto da riscrivere, da capo, da zero.
Immaginate lo stesso uomo qualche anno dopo, una sera. Tra poco l’uomo incontrerà a cena la donna che frequenta da
un po’ di mesi, di cui è innamorato, e che forse, sì, è quella giusta… solo che lei – e su questo ha le idee abbastanza
chiare – vorrebbe tanto un bambino da lui… Come fare? È il caso che lei sappia? Mentre cucina, riuscirà finalmente a
trovare le parole per maneggiare quel segreto?
Nonostante anatemi e buoni propositi, il capitalismo è ancora il motore dell’agire umano sul pianeta (“esisti solo se puoi
produrre”). Ma l’infertilità sembra essere, sul piano biologico, proprio la sua negazione: forse è proprio per questo che
quella maschile, ancor più di quella femminile, è ancora un argomento assente dal dibattito. Troppe questioni identitarie
si incrociano, troppi retaggi culturali premono, troppe errate credenze sessuali su maschilità - tossica o meno che sia -
accorrono moleste a intorbidirne la percezione. Ma forse parlarne potrebbe togliere lo stigma. E ancor meglio, riderne.
Ah, perché, non ve l’avevamo detto? Questo è un esilarante spettacolo comico non solo sull’infertilità, ma anche sul
senso ultimo della paternità.